martedì 23 dicembre 2014

Un servizio più efficiente per l'interruzione volontaria di gravidanza

 
Il Corriere della Sera, nel suo sito web, pubblica un articolo sulle difficoltà del Policlinico Umberto I di Roma nel reperire medici che pratichino l'interruzione volontaria di gravidanza (IGV). I medici specialisti in ostetricia e ginecologia ci sono, ma sono obiettori di coscienza. Quindi il nosocomio non riesce a "garantire il servizo", cioè non si praticano aborti. Si tratta evidentemente di interventi urgenti, visto che bisogna rispettare i limiti imposti dalla legge 194/78. La solita malasanità italiana.

Per questo l'ospedale romano ha pubblicato un bando per cercare medici disposti a praticare l'IGV.

Il concorso per l'assunzione dei medici recita «selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il reperimento di n. 2 laureati in Medicina e Chirurgia specialisti in Ostetricia e Ginecologia per il conferimento di un incarico di Collaborazione Coordinata e Continuativa della durata di un anno, eventualmente rinnovabile, per l’esclusiva e totale applicazione della Legge n. 194/78». Cioè, vogliono proprio due abortisti, disposti a praticare l'aborto.

Qualche considerazione questa vicenda la merita proprio. Intanto l'argomentazione di fondo è che per colpa dei medici obiettori si nega ai cittadini (ma soprattutto alle cittadine) il "diritto" sancito dalla legge 194. Quindi l'ospedale supera l'ostacolo assumendo chi è disposto a praticare aborti. E' come se di fronte a uno sciopero una azienda assumesse maestranze in sostituzione degli scioperanti. Roba che forse nelle nostre fabbriche si vedeva all'inizio del XX secolo. Un cavallo di battaglia di tutta la storia sindacale. Gli obiettori sono i cattivoni che impediscono lo svolgersi di una attività tanto importante. Interessante poi la continua definizione dell'IGV come "servizio". Il prof. Bastianelli, citato nell'articolo, si è preso l'impegno di "rivitalizzare un servzio" che gli pare "depresso". Anzi, da gennaio vuol far ripartire il servizio "a pieno ritmo e in modo ancora più efficiente e qualificato".
Siamo nel 2014 e c'è stato un salto di qualità nell'informazione che riguarda l'aborto. Nell'articolo non si cita più il diritto delle donne a decidere del proprio corpo, no, è roba anni '70. L'attenzione è centrata sul diritto dei cittadini ad ottenere servizi puntuali e efficienti, alla stregua della riduzione delle liste di attesa per fare una risonanza, delle code in ospedale, al dare risposte certe e precise alle richieste degli utenti. L'aborto e l'applicazione della legge 194 non sono più materia da comitato etico (l'organo più inutile delle nostre aziende sanitarie), ma problemi da URP (ufficio relazioni con il pubblico).

lunedì 26 maggio 2014

Tolkien e le elezioni europee

La battaglia di Gondolin secondo John Howe
Da sempre alle elezioni per il parlamento europeo votano circa due terzi degli italiani, meno che alle politiche. Dai 35 milioni di voti validi del 1979 non si è mai scesi sotto i 30 milioni. Ieri siamo scesi in un colpo solo dai 30,6 milioni del 2009 a 27,4 milioni di voti validi (al netto quindi di schede bianche e nulle).

In un colpo solo abbiamo perso 3,2 milioni di volti, pari ad un ipotetico 4° partito con il doppio dei volti della Lega e un milioncino di voti in meno di Forza Italia. Il partito del non voto (22 milioni circa) ha ormai quaisi doppiato il primo partito che è il PD di Renzi.

Guardando solo i numeri è evidente che si conferma l'andazzo verso uno svuotamento democratico che si era già manifestato ampiamente l'anno passato alle politiche quando gli astenuti erano diventati il primo partito per la prima volta nella storia repubblicana. Lo svuotamento politico e istituzionale è già evidente.

Non indago per pietà sul valore politico del voto espresso, semplicemente perché questo (Renzi, Grillo e l'attuale Cav.) è quello che passa il convento: un ex concorrente della Ruota della Fortuna, un ex comico di Fantastico e uno che, bontà sua, si ostina a non voler diventare ex di tutto quello che sappiamo. Statisti in grado di prendere le redini di un vero cambiamento (in questo caso europeo) nemmeno l'ombra.

Leggere di De Gasperi o Adenauer o Monnet o Shuman oggi mi fa lo stesso effetto di leggere le cronache dei re elfici nei libri di Tolkien.  Serve davvero lo strumento della "sospensione dell'incredulità" per affrontare la storia europea (e italiana) recente.

lunedì 12 maggio 2014

L'impreparazione della classe dirigente e i rischi che questo comporta

 
Appare sempre più evidente che l'impreparazione culturale di chi ci governa e ci dirige comporta dei rischi terribili. Oggi più che mai si cominciano a intravedere segnali più che preoccupanti. Non solo in Italia. E' inutile discutere sul perché e il per come, la classe dirigente e politica è così perché esprime fedelmente il livello del popolo che governa. Gli esempi sono tantissimi. Dalla cecità dimostrata dai governi occidentali di fronte alla "primavera" araba, alla totale incomprensione occidentale di fronte al problema Russia, dalla Siria alla Nigeria e prima ancora la Libia. I rischi per la pace mondiale sono enormi, ben peggio del post 11 settembre e nessuno sempra in grado di capirci nulla. Le potenze mondiali sono rette da gente che è proprio scarsa e all'Onu si mettono a far la guerra al Vaticano. Intanto i "nuovi diritti" stanno diventando legge ovunque. Ci avviciniamo al disastro immersi in un mare di mediocrità e nel frattempo smembriamo l'uomo dalle fondamenta. Dell'Italia sappiamo tutto, ma ricordiamo solo la vicenda dei marò che descrive benissimo il livello, basso, bassissimo, della nostra azione politica internazionale. Manca proprio la stoffa, manca una visione lungimirante, manca la cultura.
Da dove ripartire? Dalle uniche voci che si ergono qualche spanna sopra la mediocrità generale: GPII, BXVI e Francesco.

Pubblicato su Hyde Parlk Corner il 9 maggio 2014

giovedì 17 aprile 2014

I figli del diritto e il diritto dei figli

 
Il recente dibattito seguito al pronunciamento della Cassazione sulla fecondazione eterologa sta assumento connotati strani. La critica è rivolta al fatto che, sempre di più, sono i tribunali a decidere dei temi etici. Certo, la corte sbaglia, fare figli non è un diritto. Già non aver presente questo è un grosso problema. Che sia concepito per via tradizionale, per fecondazione assistita eterologa o meno, il problema è che ci si dimentica dei diritti del bambino, nato o ancora in divenire. Ma il problema vero è ancora precedente. Il problema è che fare figli viene trattato come un problema sanitario. Quindi se esiste un diritto alla salute tutelato dalla società (e quindi dalle sue espressioni legislative e giurisprudenziali), esiste conseguentemente un diritto alla procreazione come esiste un diritto all'accesso alle cure per le verruche. Le quali non hanno diritti, esattamente come gli embrioni e i bambini nati o in divenire.

mercoledì 26 febbraio 2014

Sui generi e sul sesso


La lettura del documento Linee guida per un'infomazione rispettosa delle persone LGBT  diffuso a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità e dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) nel dicembre del 2013 è veramente interessante.

Dice molto su come in questi ultimi anni si stia tentando di buttare al macero centinaia di anni di progresso culturale, morale e civile utilizzando la disinformazione e la dimenticanza. Il problema è che non sono opinioni di gruppi o singoli, per quanto autorevoli, ma sono contenute in un documento emanato dal nostro Governo. Non sono ancora leggi, ma rivestono certamente un carattere di "ufficialità" certificato dal logo della Repubblica Italiana impresso in copertina.

Il documento è un compendio di un ciclo di seminari di "formazione" (virgolette mie) per i giornalisti organizzato dall'UNAR. Lo scopo dichiarato è "formare" i giornalisti circa l'uso corretto e non omofobico di certi termini, di certe espressioni e di diffondere conoscenze circa il tema dell'omosessualità e di tutto ciò che riguarda l'ambito LGBT. Insomma, come scrivere articoli di stampa o sul web inattaccabili dal punto di vista del politicamente corretto. In realtà il documento si spinge ben oltre. Ridefinisce in maniera chiara e incisiva cosa è consentito e cosa non lo è quando si affrontano le tematiche care agli ambienti e all'ideologia, minoritaria nei numeri ma maggioritaria come impatto culturale, del "gender". In sintesi il documento ci dice a chiare lettere: la cosiddetta distinzione di genere/sesso non esiste, anzi non è mai esistita. Da questo assunto derivano un sacco di conseguenza. Tutti, ma proprio tutti, i termini e le espressioni che di solito si usano parlando e scrivendo di queste tematiche sono, secondo il documento, sbagliati. Ci viene così offerta un'ampia carrellata di esempi sull'uso corretto di espressioni come outing, coming out, transessualità, matrimonio, unioni, famiglia, figli, ecc.

Ci vorrebbe qualcuno che si prendesse la briga di riscrivere il documento basandosi su ciò che l'UNAR ha tralasciato in favore di slogan che hanno al massimo 10 o 20 anni di fondamento ideologico. Si dovrebbe riscriverlo tenendo conto di tutto ciò che la filosofia, la sociologia, la letteratura, la fisiologia, la semantica, la linguistica, la pedagogia e, non ultimo, il buon senso, hanno espresso negli ultimi secoli. Non ho citato volutamente la teologia, ma in realtà non servirebbe neppure. Non ho citato ovviamente l'ideologia, perché l'ideologia di solito non ha portato a nulla di buono.

Se non fosse tragico il contenuto di questo documento, si potrebbe sorridere di alcuni passaggi, dell'incompetenza più totale che emerge da certi passaggi, del livello scarsissimo di approfondimento, della parzialità e infondatezza di certe affermazioni.

Cito solo un caso perché l'ho trovato incredibile soprattutto considerando che il documento è rivolto principalmente ai professionisti del'informazione, gente che in teoria dovrebbe saper pesare le parole, ne dovrebbe conoscere il significato, magari ne dovrebbe conoscere l'etimologia o se non altro dovrebbe essere dotata di un buon dizionario quando scrive (non tutti i giornalisti si limitano a copiare WIkipedia).

A pagina 24 c'è un Glossario ("Clossario" nell'indice, sigh...). In esso viene data la definizione corretta di due parole: sesso e genere.

Per "sesso" si intendono, secondo il glossario, «le caratteristiche biologiche e anatomiche del maschio e della femmina, determinate dai cromosomi  sessuali». Quindi una definizione in linea con la biologia, coerente con quanto riportano i nostri dizionari.

Per "genere" si intende invece la «categoria sociale e culturale costruita sulle differenze biologiche dei sessi (genere maschile vs. genere femminile)». Tutto il documento utilizza questa parola associata a "identità" per costituire quindi la locuzione "identità di genere".

In pratica uno può essere biologicamente maschio, ma sentirsi di genere femminile o di qualunque altro genere si preferisca (noto è il caso di Facebook che è arrivato a coniare 56 definzioni diverse per i suoi utenti).

Cosa sottende questa distinzione? Il tentativo, anzi ormai l'imposizione culturale avallata dal Governo italiano, è quella di permettere una definizione di sé del tutto avulsa dalla realtà biologica, in favore di una scelta autonoma basata sulla totale indipenza dell'uomo da tale realtà. E' la conseguenza filosofica, e ormai antropologica, del «io mi faccio da me e quindi decido io cosa sono».

Ma è interessante il fatto che questa distinzione si basi sull'assunto che la parola "gerere" abbia davvero il significato che ne vien dato nel Glossario.

Una definizione ampia (cioè "generale", appunto) ce la dà il vocabolario on-line della Treccani che recita:
 1. Nel suo sign. più ampio, termine indicante una nozione che comprende in sé più specie o rappresenta ciò che è comune a più specie.
Secondo la Terccani il termine ha anche un significato estensivo che permette di usare la locuzione "identità di genere". Ma si tratta sostanzialmente di un'estensione derivante dall'utilizzo del termine "genere" nella grammatica delle lingue indoeuropee che distinguono linguisticamente tra genere maschile, femminile e (se presente) neutro. Perché i seguaci dell'ideologia del "gender" utilizzino la locuzione "identità di genere" invece di "identità di sesso" o "identità sessuale" rimane misterioso. Ma si tratta ovviamente di una dei tanti casi di traduzione maccheronica di un termine anglosassone. I redattori del documento sono però così convinti della correttezza delle loro imposizioni che non si preoccupano di distinguere tra un "falso amico" e una parola grammaticalmente corretta nella nostra lingua (tanto la maggior parte dei termini "corretti" e "rispettosi" sono anglofoni o sono acronimi di definizioni anglofone).


Interessante però è l'etimologia della parola "genere": deriva dal greco γένος «genere, stirpe», γένεσις «origine», γίγνομαι «nascere». Ironico il fatto che il significato vero sia imparentato col concetto di "generare", "nascere", cioè "fecondità". Come si arrivi a distinguere tra "sesso" biologico e "genere" culturale rimane un interrogativo senza risposta.

Questo è solo un piccolo esempio. Ci sarebbero da citare le definizioni di matrimonio, di famiglia e le tante inesattezze o definizioni approssimative e decontestualizzate storicamente e culturalmente presenti nel documento.

A pag. 16 c'è un riquadrino con una citazione di tal Matteo Winkler, giurista bocconiano, editorialista de Il Fatto Quotidiano,  avvocato e fondatore di Rete Lenford - Avvocatura per i Diritti LGBT::

«Il matrimonio non esiste in natura. Mentre in natura esiste l’omosessualità, persino nel mondo animale.»
Il matrimonio non esiste in natura, ovvio. Nel resto della natura, piante e altri animali, non esiste perché se l'è inventato l'uomo, che però tassonomicamente "è natura" anch'esso (notato la finezza del neutro?), essendo inscritto nel "genere" (ancora 'sta parola!) Homo e nella specie sapiens, sottospecie sapiens, il tutto nel mucchio tassonomico dei mammiferi. Non siamo naturali noi? Siccome siamo l'unico animale che si sposa allora il matrimonio non è naturale? Ma evidentemente migliaia di anni di evoluzione umana valgono meno di quella manciata di specie animali che praticano l'omosessualità (sappiate che il più gay è il bisonte, ma lo è anche il moscerino della frutta). Evoluzione umana che si è anche distinta per aver sviluppato una caratteristica peculiare che si chiama cultura, che a sua volta si è sviluppata in virtù di un'altra peculiarità tutta umana che si chiama ragione. Ok, buttiamo pure al macero il matrimonio, invenzione "irrispettosa" dell'"identità di genere". Così buttiamo al macero migliaia di anni di storia della civiltà (altra invenzione innaturalmente tutta umana).

La Divina commedia è irrispettosa perché Dante ha mandato all'inferno Caifa e un po' di gente colpevole dell'omicidio di Gesù. Quindi presto la bandiranno dalle scuole perché opera antisemita. Ma che l'antisemitismo stia ritornando di moda travestito ipocritamente da opposizione e da boicottaggio dello stato di Israele colpevole di trattar male i palestinesi arabi va bene lo stesso. Presto bandiranno I promessi sposi perché dipinge una visione culturalmente superata di famiglia, quella che Renzo e Lucia volevano per loro. Poi toccherà ovviamente alla Bibbia... «Uomo e donna li creò». Dio ha creato due esseri umani distinti per "genere". Troppo pochi. Avrebbe dovuto crearne 56 come ha fatto Facebook.

Pochi anni fa il mondo si è scandalizato perché i talebani hanno distrutto le statue di Buddha di Bamiyan, in Afghanistan. E' esattamente quello che prevedono Linee guida per un'infomazione rispettosa delle persone LGBT : la distruzione scellerata, ma "rispettosa", della nostra cultura per favorire un'idea di uomo che è semplicemente parziale, quindi non ragionevole, non completa. Ci stanno dicendo che l'uomo si deve ridurre ad un solo aspetto del suo essere, ciò che percepisce come giusto da un punto di vista sessuale. Peccato che il sesso, o l'identità di genere come preferiscono definirla, sia solo un pezzettino dell'uomo. Quando l'uomo è fatto a pezzettini, cioè non vive integralmente la sua umanità, tutta, affettiva, sessuale, culturale, ecc. lo si rende schizofrenico, cioè affetto da una psicosi dissociativa caratterizzata da un processo di disgregazione della personalità. Non sono gli omosessuali ad essere affetti da schizofrenia. Lo sono invece gli uomini a cui viene imposto un modello culturale e umano parziale, dissociato dalla realtà e dall'esperienza. Questo libello del Dipartimento per le pari opportunità dice ai giornalisti: «Siate rispettosi delle diversità ma siate parziali, trattate i vostri lettori da schizofrenici.» Un bel risulatato per di più, e qui divento pentastellato, ottenuto con soldi pubblici.

Letture consigliate per approfondire:
  • Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
  • Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson