mercoledì 26 febbraio 2014

Sui generi e sul sesso


La lettura del documento Linee guida per un'infomazione rispettosa delle persone LGBT  diffuso a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità e dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) nel dicembre del 2013 è veramente interessante.

Dice molto su come in questi ultimi anni si stia tentando di buttare al macero centinaia di anni di progresso culturale, morale e civile utilizzando la disinformazione e la dimenticanza. Il problema è che non sono opinioni di gruppi o singoli, per quanto autorevoli, ma sono contenute in un documento emanato dal nostro Governo. Non sono ancora leggi, ma rivestono certamente un carattere di "ufficialità" certificato dal logo della Repubblica Italiana impresso in copertina.

Il documento è un compendio di un ciclo di seminari di "formazione" (virgolette mie) per i giornalisti organizzato dall'UNAR. Lo scopo dichiarato è "formare" i giornalisti circa l'uso corretto e non omofobico di certi termini, di certe espressioni e di diffondere conoscenze circa il tema dell'omosessualità e di tutto ciò che riguarda l'ambito LGBT. Insomma, come scrivere articoli di stampa o sul web inattaccabili dal punto di vista del politicamente corretto. In realtà il documento si spinge ben oltre. Ridefinisce in maniera chiara e incisiva cosa è consentito e cosa non lo è quando si affrontano le tematiche care agli ambienti e all'ideologia, minoritaria nei numeri ma maggioritaria come impatto culturale, del "gender". In sintesi il documento ci dice a chiare lettere: la cosiddetta distinzione di genere/sesso non esiste, anzi non è mai esistita. Da questo assunto derivano un sacco di conseguenza. Tutti, ma proprio tutti, i termini e le espressioni che di solito si usano parlando e scrivendo di queste tematiche sono, secondo il documento, sbagliati. Ci viene così offerta un'ampia carrellata di esempi sull'uso corretto di espressioni come outing, coming out, transessualità, matrimonio, unioni, famiglia, figli, ecc.

Ci vorrebbe qualcuno che si prendesse la briga di riscrivere il documento basandosi su ciò che l'UNAR ha tralasciato in favore di slogan che hanno al massimo 10 o 20 anni di fondamento ideologico. Si dovrebbe riscriverlo tenendo conto di tutto ciò che la filosofia, la sociologia, la letteratura, la fisiologia, la semantica, la linguistica, la pedagogia e, non ultimo, il buon senso, hanno espresso negli ultimi secoli. Non ho citato volutamente la teologia, ma in realtà non servirebbe neppure. Non ho citato ovviamente l'ideologia, perché l'ideologia di solito non ha portato a nulla di buono.

Se non fosse tragico il contenuto di questo documento, si potrebbe sorridere di alcuni passaggi, dell'incompetenza più totale che emerge da certi passaggi, del livello scarsissimo di approfondimento, della parzialità e infondatezza di certe affermazioni.

Cito solo un caso perché l'ho trovato incredibile soprattutto considerando che il documento è rivolto principalmente ai professionisti del'informazione, gente che in teoria dovrebbe saper pesare le parole, ne dovrebbe conoscere il significato, magari ne dovrebbe conoscere l'etimologia o se non altro dovrebbe essere dotata di un buon dizionario quando scrive (non tutti i giornalisti si limitano a copiare WIkipedia).

A pagina 24 c'è un Glossario ("Clossario" nell'indice, sigh...). In esso viene data la definizione corretta di due parole: sesso e genere.

Per "sesso" si intendono, secondo il glossario, «le caratteristiche biologiche e anatomiche del maschio e della femmina, determinate dai cromosomi  sessuali». Quindi una definizione in linea con la biologia, coerente con quanto riportano i nostri dizionari.

Per "genere" si intende invece la «categoria sociale e culturale costruita sulle differenze biologiche dei sessi (genere maschile vs. genere femminile)». Tutto il documento utilizza questa parola associata a "identità" per costituire quindi la locuzione "identità di genere".

In pratica uno può essere biologicamente maschio, ma sentirsi di genere femminile o di qualunque altro genere si preferisca (noto è il caso di Facebook che è arrivato a coniare 56 definzioni diverse per i suoi utenti).

Cosa sottende questa distinzione? Il tentativo, anzi ormai l'imposizione culturale avallata dal Governo italiano, è quella di permettere una definizione di sé del tutto avulsa dalla realtà biologica, in favore di una scelta autonoma basata sulla totale indipenza dell'uomo da tale realtà. E' la conseguenza filosofica, e ormai antropologica, del «io mi faccio da me e quindi decido io cosa sono».

Ma è interessante il fatto che questa distinzione si basi sull'assunto che la parola "gerere" abbia davvero il significato che ne vien dato nel Glossario.

Una definizione ampia (cioè "generale", appunto) ce la dà il vocabolario on-line della Treccani che recita:
 1. Nel suo sign. più ampio, termine indicante una nozione che comprende in sé più specie o rappresenta ciò che è comune a più specie.
Secondo la Terccani il termine ha anche un significato estensivo che permette di usare la locuzione "identità di genere". Ma si tratta sostanzialmente di un'estensione derivante dall'utilizzo del termine "genere" nella grammatica delle lingue indoeuropee che distinguono linguisticamente tra genere maschile, femminile e (se presente) neutro. Perché i seguaci dell'ideologia del "gender" utilizzino la locuzione "identità di genere" invece di "identità di sesso" o "identità sessuale" rimane misterioso. Ma si tratta ovviamente di una dei tanti casi di traduzione maccheronica di un termine anglosassone. I redattori del documento sono però così convinti della correttezza delle loro imposizioni che non si preoccupano di distinguere tra un "falso amico" e una parola grammaticalmente corretta nella nostra lingua (tanto la maggior parte dei termini "corretti" e "rispettosi" sono anglofoni o sono acronimi di definizioni anglofone).


Interessante però è l'etimologia della parola "genere": deriva dal greco γένος «genere, stirpe», γένεσις «origine», γίγνομαι «nascere». Ironico il fatto che il significato vero sia imparentato col concetto di "generare", "nascere", cioè "fecondità". Come si arrivi a distinguere tra "sesso" biologico e "genere" culturale rimane un interrogativo senza risposta.

Questo è solo un piccolo esempio. Ci sarebbero da citare le definizioni di matrimonio, di famiglia e le tante inesattezze o definizioni approssimative e decontestualizzate storicamente e culturalmente presenti nel documento.

A pag. 16 c'è un riquadrino con una citazione di tal Matteo Winkler, giurista bocconiano, editorialista de Il Fatto Quotidiano,  avvocato e fondatore di Rete Lenford - Avvocatura per i Diritti LGBT::

«Il matrimonio non esiste in natura. Mentre in natura esiste l’omosessualità, persino nel mondo animale.»
Il matrimonio non esiste in natura, ovvio. Nel resto della natura, piante e altri animali, non esiste perché se l'è inventato l'uomo, che però tassonomicamente "è natura" anch'esso (notato la finezza del neutro?), essendo inscritto nel "genere" (ancora 'sta parola!) Homo e nella specie sapiens, sottospecie sapiens, il tutto nel mucchio tassonomico dei mammiferi. Non siamo naturali noi? Siccome siamo l'unico animale che si sposa allora il matrimonio non è naturale? Ma evidentemente migliaia di anni di evoluzione umana valgono meno di quella manciata di specie animali che praticano l'omosessualità (sappiate che il più gay è il bisonte, ma lo è anche il moscerino della frutta). Evoluzione umana che si è anche distinta per aver sviluppato una caratteristica peculiare che si chiama cultura, che a sua volta si è sviluppata in virtù di un'altra peculiarità tutta umana che si chiama ragione. Ok, buttiamo pure al macero il matrimonio, invenzione "irrispettosa" dell'"identità di genere". Così buttiamo al macero migliaia di anni di storia della civiltà (altra invenzione innaturalmente tutta umana).

La Divina commedia è irrispettosa perché Dante ha mandato all'inferno Caifa e un po' di gente colpevole dell'omicidio di Gesù. Quindi presto la bandiranno dalle scuole perché opera antisemita. Ma che l'antisemitismo stia ritornando di moda travestito ipocritamente da opposizione e da boicottaggio dello stato di Israele colpevole di trattar male i palestinesi arabi va bene lo stesso. Presto bandiranno I promessi sposi perché dipinge una visione culturalmente superata di famiglia, quella che Renzo e Lucia volevano per loro. Poi toccherà ovviamente alla Bibbia... «Uomo e donna li creò». Dio ha creato due esseri umani distinti per "genere". Troppo pochi. Avrebbe dovuto crearne 56 come ha fatto Facebook.

Pochi anni fa il mondo si è scandalizato perché i talebani hanno distrutto le statue di Buddha di Bamiyan, in Afghanistan. E' esattamente quello che prevedono Linee guida per un'infomazione rispettosa delle persone LGBT : la distruzione scellerata, ma "rispettosa", della nostra cultura per favorire un'idea di uomo che è semplicemente parziale, quindi non ragionevole, non completa. Ci stanno dicendo che l'uomo si deve ridurre ad un solo aspetto del suo essere, ciò che percepisce come giusto da un punto di vista sessuale. Peccato che il sesso, o l'identità di genere come preferiscono definirla, sia solo un pezzettino dell'uomo. Quando l'uomo è fatto a pezzettini, cioè non vive integralmente la sua umanità, tutta, affettiva, sessuale, culturale, ecc. lo si rende schizofrenico, cioè affetto da una psicosi dissociativa caratterizzata da un processo di disgregazione della personalità. Non sono gli omosessuali ad essere affetti da schizofrenia. Lo sono invece gli uomini a cui viene imposto un modello culturale e umano parziale, dissociato dalla realtà e dall'esperienza. Questo libello del Dipartimento per le pari opportunità dice ai giornalisti: «Siate rispettosi delle diversità ma siate parziali, trattate i vostri lettori da schizofrenici.» Un bel risulatato per di più, e qui divento pentastellato, ottenuto con soldi pubblici.

Letture consigliate per approfondire:
  • Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
  • Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson