giovedì 21 maggio 2015

Le speranze deluse del rugby italiano

 
Gli evidenti insuccessi nostrani in Pro12 e in parte della nazionale al 6 Nazioni e, sempre, al mondiale, non sono solo frutto di errori della FIR o di strategie sbagliate. Il punto è semplicemente che il rugby in Italia interessa in modo del tutto marginale anche se agli appassionati piace pensare il contrario. A livello internazionale siamo esattamente dove ci spetta di essere in base a ciò che è il nostro movimento e in base all'interesse che il rugby suscita da noi.
Più di 10 anni fa assistevo alle partite del Petrarca nell'unico stadio italiano votato specificatamente al rugby. Semifinale del campionato e forse 1.000 spettatori di cui la maggior parte di Calvisano (o forse era Parma, non ricordo). Oggi il Petrarca gioca in un impianto grande un decino e gli spettatori sono paragonabili a quelli di una partita di calcio di Promozione. Il Padova in serie D fa più spettatori di quelli che fanno le squadre di rugby, baseball (IBL), pallanuoto (campione d'Italia femminile pochi giorni fa) e pallavolo della città messe insieme. E questo vale per una città che è da sempre uno dei motori del rugby italiano, che è tradizionalmente tra le più aperte per gli sport "minori". Anche Padova è cambiata: un posto dove il calcio interessava, in proporzione, in maniera minore rispetto ad altri è oggi totalmente coinvolto con la serie D. Altrove, un gigante dell'investimento sportivo come Benetton a Treviso si è defilato: meno soldi, meno investimenti nello sport (via la F1, via la pallavolo, via il basket, si è salvato solo il rugby, ringraziamo la famiglia Benetton). Aver spostato quei 15-20 giocatori italiani di livello in due squadre in Pro12 è stata una opportunità che avrebbe dovuto rendere più forte la nazionale che, tutto sommato, qualche successo mediatico in questi ultimi 10-15 anni l'ha avuto. Però non è bastato a trainare il movimento come si sperava. La nazionale non vince e non cresce perché il movimento professionistico che dovrebbe farle da serbatoio non cresce. Il serbatoio pro non cresce perché il campionato italiano è mediocre. Il campionato italiano è mediocre perché nessuno va a vedere le partite e quindi non arrivano i soldi che fanno crescere movimento, squadre, campionati e nazionale. Guardate il sito web della Gazzetta: il primo sport italiano è il calcio, il secondo è il calcio estero (Liga e Premier e ora anche MLS e Bundesliga); al terzo posto più o meno a parimerito NBA, F1 e tennis (tutta roba che per vederla serve Sky). Rimane un po' di ciclismo e un po' di MotoGP finché c'è Valentino, poi sparirà. Il resto è gossip su Balotelli, su Tavecchio, sulle fidanzate di CR7, sulla Vonn e su Tiger Woods. Lo sport italiano è in declino da anni, tutto. Pure il calcio, che decresce nei valori assoluti (risulati, spettatori, telespettatori e quindi soldi), ma che cresce nei valori relativi cannibalizzando qual poco che resta degli sport "minori" un tempo dignitosamente "benestanti" (volley, basket e rugby in particolare). I problemi sono IMHO due: il primo sono i soldi, ma qui c'è poco da fare se non ci sono; il secondo è banalmente drammatico: la scuola. Finché le riforme della scuola sono solo nell'ottica dei diritti sindacali degli insegnanti e la parola "educazione" non viene mai usata non se ne esce. Ovvio che in tal senso lo sport è solo il più piccolo degli ambiti della società che viene danneggiato... Portiamo sul serio lo sport a scuola? Bella idea! Insieme a educazione civica, sessuale, ambientale, stradale, sui diritti gender, a due lingue straniere, all'informatica e chissà cos'altro. Peccato che così non ci sia nemmeno più il tempo per imparare a far di conto e scrivere due frasi con un congiuntivo messo al posto giusto. In definitiva è meglio se il rugby italiano torna a un onesto dilettantismo e si mette sotto l'ombrello dei gruppi sportivi militari che sono ormai l'unica culla dello sport minore in Italia. Se le Fiamme Gialle si rompono le balle di finaziare gli sport di nicchia sono cavoli amari sul serio...

In risposta a Italiane fuori dal Pro12: una tragedia o una palla da prendere al balzo?

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