venerdì 2 ottobre 2020

"Arduin il rinnegato" di Silvana De Mari

Non è il miglior libro della De Mari, ma è bellissimo.

Per certi aspetti somiglia troppo a L’ultimo orco, che nella vicenda di Rankstrail giocava, tra l’altro, proprio sul parallelismo tra lui e il mitico Arduin, colui che già in passato aveva salvato il mondo degli uomini dall’invasione orchesca. Per altri aspetti risponde alla curiosità dell’appassionato che vuol sapere chi era ‘sto Arduin di cui si parla in lungo e in largo nei primi libri del ciclo e un bel prequel che ne racconti le gesta è proprio l’ideale. Ok, io sono un appassionato di Silvana De Mari e me lo sono letto. A un nuovo lettore però consiglio L’ultimo orco (e ovviamente L’ultimo elfo) che è scritto meglio e in generale appassiona di più. Mia personalissima opinione, eh.

Il punto che mi ha un po’ deluso riguarda gli elfi. Ci sono, ma un po’ per sbaglio. Narrativamente, e da quanto si poteva intuire ai primi libri, il loro ruolo nel passato del mondo era importante. Qui vengono liquidati un po’ troppo in fretta. Hanno combattuto con gli uomini, il dolore li ha sconfitti, sono stati massacrati, stop. Un po’ poco considerando chi era Yorsh e tutta la sua vicenda! Detto questo rimane il più bel libro che ho letto ultimamente e mi conferma che la De Mari è una delle migliori penne in circolazione.

Il tema è quello preferito dalla bravissima scrittrice: sono le scelte che fai che ti fanno orco, o elfo o semplicemente umano. E’ il tema che la De Mari ha sviluppato magnificamente in particolare ne L’ultima profezia (oggi in parte ripubblicato come L’ultimo mago). Quello che ti cambia è la scoperta che esiste la misericordia, che non te la dai da solo, non è una capacità intellettuale che uno si impone di avere. E’, appunto, la pietà del cuore, un dono, gratis, cioè grazia. Il percorso di Arduink (con o senza kappa) è proprio cambiato quando la misericordia l’ha “subita” sulla sua pelle, quando qualcuno si è sacrificato per lui. Per cui si innamora. Bellissimo!

Anche il trucco narrativo della profezia, cioè l’abusato espediente che prevede che in fondo tutto è stato già deciso da chissà quale entità superiore, o che il protagonista, l’eroe, è un predestinato, a volte recalcitrante, e che la storia si sviluppa nei secoli grazie a profezie, trottole, scritte sui muri, spade e troni ritrovati nei sotterranei dei castelli, nei libri della De Mari prende senso. In realtà la capacità di ognuno di capire che il bene vince per le scelte che uno fa e non per la sua pelle o i suoi geni, si propaga nel tempo, da Arduin (ma prima ancora dal re degli Elfi) fino a Kail che vince gli Yourdoni (c’è sempre un orco più cattivo degli orchi), passando per Yorsh, Rosalba, Rankstrail e i loro figli e discendenti, attraverso l’educazione, e non solo per la genetica.

E’ attraverso l’educazione, impartita da madre a figlia, da padre a figlio, attraverso le filastrocche, le storie o con il dono di oggetti percepiti come signiicativi (vabbè, a volte un po’ magici, ma è un aspetto in fodo coreografico) come le trottole, che il senso del bene, della giustizia, del coraggio, del perdono, si propaga nel tempo, attraverso la memoria. Bellissimo al cubo!

martedì 20 agosto 2019

Fumo

Ho fumato per quasi quarant'anni. Il 21 gennaio 2017 sono entrato per la prima volta nella mia vita in un negozio di sigarette elettroniche. Ne sono uscito con una box (una scatoletta con un circuito elettronico che serve per fornire l'energia elettrica), un paio di pile ricaricabili del giusto tipo, un atomizzatore (il dispositivo che produce il vapore) e qualche boccetta di liquido. Dopo una settimana ho stancamente finito le sigarette che avevo e non ne ho più comprate.

Da quel giorno è iniziata la mia piccola/grande avventura di aspirante-ex-tabagista. La mia prima sigaretta elettronica, a cui ne sono seguite altre perché poi la cosa è diventata un piccolo hobby, mi ha permesso di stare distante dal fumo, quello vero, quello cancerogeno prodotto dalla combustione del tabacco. I benefici sono stati enormi. Dopo decenni di fumo ero stufo marcio.

Ho provato a smettere decine di volte, ma senza mai riuscirci. Non è facile, non lo è per nessuno. Non basta dire "Smetto!". Se fosse facile significherebbe che Phillip Morris, British American Tobacco e soci hanno investito per nulla miliardi di dollari in ricerca e sviluppo nell'arco di quasi un secolo. Non hanno investito per nulla, hanno investito per tenere i fumatori legati, dipendenti, ai loro prodotti. E per decenni ci sono riusciti moltiplicando i loro profitti.

La sigaretta elettronica è dannosa? Può essere, ma l'esperienza di centinaia di persone, me compreso, dimostra che quanto meno non fa male come il fumo di sigaretta. Non si brucia il tabacco, non c'è combustione, non c'è il catrame e non c'è il fumo veicolo di centinaia di sostanze tossiche. C'è solo vapore prodotto da una miscela di glicole propilenico, glicerina vegetale, aromi alimentari e, volendo, nicotina. Il prodotto è un aerosol di queste sostanze, di certo meno dannose del fumo derivante dalla combustione di carta e tabacco trattato.

I medici, l'OMS, il ministero italiano della salute, non sono ancora concordi sull'uso della sigaretta elettronica. Dicono che non ci sono studi certi sulla sua dannosità (sempre che lo sia) e sui sui benefici come mezzo per smettere di fumare.

Esiste però un concetto, quello di "riduzione del danno", che sembra essere abbastanza accettato. Se usi la sigaretta elettronica, e questo ti ha fatto smettere di fumare, stai quanto meno riducendo il danno. Anzi, i cardiologi e gli oncologi più seri (Veronesi ad esempio), quelli che stanno tutto il giorno in corsia e in sala operatoria, si meravigliano che non ci sia una spinta decisa verso il fumo elettronico. Se la e-cig ti tiene distante dal fumo di sigaretta questo è quanto meno positivo. La nicotina che assumi con la e-cig compensa quella che non assumi fumando e questo ti aiuta a star lontano dal fumo tradizionale.

Secondo alcuni e secondo la sanità pubblica britannica il vapore "digitale" è per il 95% meno tossico del fumo delle sigarette "analogiche". Si sono accorti che la gente così smette di fumare, e si riduce nel contempo il numero di ammalati. In Inghilterra ci stanno pensando seriamente a favorire l'uso della e-cig come strategia per la lotta al tabagismo.

E in Italia? Da noi è un po' diverso. Il ministero della salute tace, l'Istituto Superiore di Sanità nicchia. Il Governo e il Parlamento fanno leggi per fare cassa e in questo modo affossano il settore. In buona sostanza, con la legislazione attuale, il cui ultimo tassello è stato posto nella legge di bilancio 2017, "svapare" costa di più che fumare.

Per capire perché allo Stato italiano interessi così poco il settore delle e-cig e anzi la tendenza sia quella di boicottarlo in tutti i modi, bisogna fare due conti. Lo Stato italiano spende, a seconda delle fonti, una cifra tra i 7 e i 9 miliardi di euro all'anno per le cure di malattie oncologiche e cardiovascolari legate direttamente al fumo. Ne incassa però 15 dalle accise sui prodotti per fumatori. Il saldo è ampiamente positivo e chi ne trae giovamento è il bilancio statale. Da questi numeri si capisce che chi smette di fumare contribuisce all'aumento del debito pubblico. Se tutti i tabagisti italiani smettessero di fumare la spesa sanitaria relativa si annullerebbe, ma si annullerebbero anche le entrate fiscali derivate dalla vendita di sigarette. La tassazione sporpositata dei prodotti per fumo elettronico, in particolare dei liquidi, anche se non contenenti nicotina, è necessaria allo Stato proprio per compensare il gettito mancante. Se smetto di fumare non contribuisco più alle entrate statali, quindi, se inizio a svapare, devo in qualche modo compensare con accise altrettanto pesanti sul mio consumo di liquido "elettronico".

E la riduzione del danno? Non è evidentemente importante. Il Governo ha priorità diverse, deve far cassa e reggiungere il pareggio di bilancio, non ha immediato interesse a mettere in campo o favorire azioni volte al miglioramento della salute dei cittadini.

Chi da oggi decidesse di smettere di fumare passando alla sigaretta elettronica si troverebbe immediatamente di fronte a una scelta economicamente tutt'altro che vantaggiosa. Se per usare le e-cig spendo di più che a fumare è evidente che sono meno invogliato a seguire la strada della riduzione del danno.

mercoledì 23 agosto 2017

Del rugby italiano e della fenomenologia di un fallimento

Provo a elencare le magagne del rebbi nostrano che mi vengono in mente. Probabilmente manca tanta roba, ma queste sono quelle che mi sono venute in mente in mezz'ora. Un misto di fenomeni e epifenomeni senza un ordine particolare.

Risultati immagini per gavazzi fir

1) La nazionale maggiore, dopo l'ingresso nel 6N e nel rugby che conta, non è cresciuta quanto si sperava in termini di risultati e di seguito.

1a) La nazionale maggiore gioca il 6N da anni e i risultati sono scarsi se non deludenti.
1b) Le presenza allo stadio per le partite del 6N sono in calo. Così come per i TM autunnali.
1c) L'Italia continua a galleggiare nel ranking in posizioni di rincalzo e non migliora (anzi peggiora).
1d) L' Italia, pur nominalmente Tier 1, nel ranking è intruppata in un mucchio comprendente molte Tier 2. Siamo cioè Tier 1,5, né carne né pesce.
1e) L'interesse per la nazionale è in calo nei media e nella stampa sportiva.
1f) La copertura televisiva delle partite della nazionale è da sempre problematica. Rai e Mediaset non sono interessate. La copertura è affidata, fortunosamente, a una emittente, pur nazionale, di secondo piano (canale 52 DTT), senza trasmissioni in HD.

2) L'Italia rugbistica non è minimamente competitiva nel rugby a 7. Di fatto la nazionale italiana di rugby a 7 è una Tier 2 o Tier 3.

2a) Non abbiamo una nazionale in grado di ambire alla partecipazione olimpica e nemmeno al cicuito internazionale di World Rugby.
2b) Non c'è traccia di competizioni nazionali di rugby a 7 di livello.
3c) I club non riescono a dotarsi di una struttura adeguata a sviluppare il rugby a 7.
3d) La federazione non riesce a dotarsi di una struttura adeguata a sviluppare il rugby a 7.
3e) Alla federazione non sembra interessare molto il rugby a 7 nonostante sia uno sport olimpico.
3f) Al CONI non sempra interessare nulla del fatto che alla FIR non interessi il rugby a 7 che è uno sport olimpico.

3) La nazionale femminile, nonostante abbia partecipato agli ultimi mondiali e partecipi al 6N femminile, non ottiene risultati e viene regolarmente battuta da nazioni rugbisticamente con meno tradizione.

3a) La nazionale femminile non gioca TM e non ha giocato partite di preparazione per il mondiale 2017.
3b) La FIR non investe molto sulla nazionale femminile.
3c) Il rugby femminile è in crescita dappertutto, ma non in Italia.

4) La partecipazione italiana al Pro12/Pro14 è deficitaria in termini di risultati e di seguito.

4a) Le franchige italiane non riescono, se non episodicamente, a competere e vincere partite nel Pro12/Pro14.
4b) Non c'è nessuna o c'è scarsa copertura televisiva in Italia per il torneo.
4c) L'Italia non porta contributi economici significativi al torneo (non essendoci contratti televisivi del livello necessario).
4d) L'Italia vive costantemente l'incubo dell'esclusione del Pro12 per manifesta inadeguatezza economica e sportiva.
4e) L'Italia ha perso un posto in Champions Cup, ufficialmente in seguito alla riorganizzazione del torneo per renderlo più competitivo/appetibile, in pratica perché le squadre italiane non sono adeguate al livello, sportivamente ed economicamente (vedi 4d).
4f) C'è stato il fallimento della prima franchigia italiana, gli Aironi.
4g) C'è stato il sostanziale fallimento della franchigia che ne ha preso il posto, le Zebre che sono state federali, poi private, poi federali, poi...
4h) Non esiste un sistema efficiente per il collegamento tra franchige e territorio e club (permit player) e accademie federali.
4i) L'interesse per il Pro12/14 è praticamente nullo nei media e nella stampa sportiva.

5) Il campionato italiano maggiore di rugby è in profonda crisi.

5a) Le squadre sono tutte dilettantistiche o al massimo semi-professionstiche.
5b) Il livello dello spettacolo sportivo è in calo da anni.
5c) Il livello tecnico del campionato non permette la formazione di giocatori pronti per il livello internazionale.
5d) Non esiste una Lega.
5e) Non c'è copertura televisiva.
5f) Ci sono pochi sponsor e quasi nessuno di livello.
5g) Il nome "Eccellenza" non rispecchia la realtà ed è fuorviante (oltreché palesemente orribile).
5h) La competizione di contorno, il Trofeo Eccellenza, non produce il minimo interesse (nemmeno per i club).
5i) L'interesse per il campionato italiano è praticamente nullo nei media e nella stampa sportiva.

6) L'Italia non riesce a esprimere arbitri di livello internazionale salvo Mitrea e, caso particolare con risvolti extra-rugbistici, M.B. Benvenuti.


7) Il rugby in Italia, dopo una buona crescita iniziale negli anni '90, non è riuscita a tenere il passo degli altri competitor dopo l'introduzione del professionismo. A tutti i livelli.


8) Non c'è chiarezza di obbiettivi nel movimento rugbistico italiano e quindi nella FIR.

8a) Non si capisce se l'obbiettivo è la crescita complessiva del movimento o l'ottenimento di risulati da parte della nazionale maggiore. E' la nazionale maggiore che, portando interesse, traina il movimento oppure è il movimento di base che deve dare linfa alla nazionale maggiore? In quasi tutti gli sport le due cose vanno o devono andare di pari passo. Nel rugby non è così chiaro: tradizionalmente, nei paesi trainanti, tutto è focalizzato alla nazionale.

martedì 6 dicembre 2016

Costituzione stai serena


Alle 23:00 del 4 dicembre si sono chiuse le urne. Alle 23:05 la parola "costituzione" è sparita dal dibattito politico e giornalistico.

venerdì 18 dicembre 2015

Insipidézza


Il 23 maggio 2010, dopo la festa per la vittoria dell’Inter nella finale di Champions, il filosofo di Setúbal ci lasciò e da quel giorno fummo Gli Orfani e il calcio cominciò a essere quella cosa triste e mortalmente noiosa che è oggi. Ci rimaneva Ranieri, al tempo mesto e per nulla stimolante allenatore della Roma. Com’era possibile, davvero, rimettersi a guardare una partita di pallone e non farsi venire la depressione? Il calcio italiano era già nel fosso dell’inutilità dai tempi di Moggi e dei suoi compagni di merende, ma senza Mou è diventato incorporeo. Oggi, e mi dispiace per Jack O’Malley, il virus dell’insipidézza ha invaso anche l’isola dei tre leoni e non basta un buon brandy di Jerez per tirarsi su il morale: Ranieri in testa alla Premier, dopo la vittoria contro i Blues di Mourinho, è un capovolgimento dell’universo, uno strappo nel tessuto della realtà. Davvero, di più improbabile c’è solo la scoperta del gravitone (che ormai il bosone di Higgs dicono d’averlo visto) oppure Obama che conclude qualcosa in politica estera. Consiglio di passare alla Premiership di rugby, dove Leicester è una cosa seria.

Lettera pubblicata da Il Foglio il 18 dicembre 2015

mercoledì 11 novembre 2015

La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto

Nella Guida galattica per gli autostoppisti del grande Douglas Adams il supercomputer Deep Thought, interrogato su quale fosse la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto, dopo sette milioni e mezzo di anni, aveva risposto 42. Il supercomputer si è sbagliato: la risposta è 46.

martedì 10 novembre 2015

Valentino Rossi è un genio

Valentino Rossi è un genio. Lo si sapeva già, ma la cosa non smette mai di stupire. E’ riuscito in due settimane a passare dalla parte del torto a quella della ragione e a far apparire i suoi due avversari due patetici imbroglioni. Cioè, prima, in diretta mondiale, scaraventa Marquez per terra con un calcione che la testata di Zinédine Zidane sembra un buffetto cresimale. Come buttare al vento vent’anni di carriera, la più luminosa nel mondo dei motori. Ha fatto quello che nessuno gli potrà mai perdonare, ha tradito il verbo della sportività, si è macchiato del peccato più grave, la mancanza di fair play. I due caballeros fanno la cosa tatticamente meno saggia, decidono di gonfiare il petto, di fare gli offesi, di ergersi a moralizzatori. A Valencia va in scena la finale della Piston Cup. Corrono in tre, come nel capolavoro di John Lasseter, solo che già Vale si è preso due ruoli, quello di Strip “The King” Weathers (da sempre il suo) e quello di Saetta McQueen (che fino a qualche settimana fa era del giovane Marquez), e ha corso contro non uno, bensì due versioni di Chick Hicks, l’eterno secondo, il rancoroso. E’ riuscito ancora a realizzare il capolavoro, ha tolto visibilità ai suoi avversari, li ha messi da parte, li ha resi inconsistenti, dimenticabili, trascurabili. Alla lunga lista dei Chick Hicks che l’hanno sfidato e hanno perso, magari non in pista, ma in tutto il resto, ha aggiunto pure Lorenzo e Marquez. E’ un maledetto genio…

Lettera pubblicata da Il Foglio il 10 novembre 2015