mercoledì 15 luglio 2015

Retromarcia. Huggies si conforma al genderismo

Come avevo raccontato in alcuni precedenti post, la società Kimberly-Clark produttrice dei pannolini Huggies, è finita nell'occhio del ciclone per uno spot considerato sessista. A seguito di alcune segnalazioni, il Presidente del Comitato di Controllo dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha considerato lo spot «manifestamente contrario agli art. 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona – e 11 – Bambini e adolescenti – del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale».

Bene, come in precedenza è successo a Barilla, anche Kimberly-Clark ha preferito adeguarsi. Il peccato più grande per la nostra società è la discriminazione sessuale o tutto ciò che può anche lontanamente sembrare disciminatorio nei confronti di omosessuali, transgender, ma anche nei confronti di tutti coloro che pur essendo maschi o femmine da un punto di vista biologico sentono o potrebbero sentire per sé una diversa appartenenza di genere. Quindi per evitare che un bimb* (così si indicano i cuccioli della specie homo sapiens in modo genderisticamente corretto) di pochi mesi possa correre il rischio di confondersi sul suo sesso, lo spot è stato censurato e modificato. Il nuovo spot dice il contrario esatto di quello originale (letteralmente sparito dalla rete e davvero non si riesce più a trovarlo): i bimbi e le bimbe sono identici, fanno solo la pipì in modo diverso.

Il prototipo internazionale del chilogrammo (Le Grand Kilo), un cilindro di 39 mm in altezza e diametro, composto da una lega di platino e iridio, conservato al Bureau International des Poids et Mesures a Sèvres in Francia. Da Wikimedia Commons, immagine realizzata da Greg_L disponibile con licenza CC-BY-SA 3.0 Unported.

Interessante è la disamina di quanto l'opinione pubblica abbia influito nella decisione dell'Istituto di censurare lo spot e di quella di Kinberly-Clark di adeguarsi all'ingiunzione. IAP, nel testo dell'ingiunzione parla di "massa critica" sviluppata nella società "che mira a sollecitare una maggiore consapevolezza sui temi della dignità della persona e del rispetto dell’identità di genere". Bene, tale "massa critica" corrisponde alle 6.752 persone che hanno firmato la petizione on-line promossa su change.org da Elli Sensi Pecora e dicharata vittoriosa. Una folla davvero, un pezzettone enorme della società civile scandalizzato dallo spot Huggies. Una contro-petizione promossa da La Manif Pour Tous ha raccolto, ad oggi, 31.002 adesioni. Non un granché, ma se li pesiamo su una bilancia hanno una "massa" (magari non critica) superiore a quella dei promotori della censura gendersita amici di Elli. Chiediamo formalmente che il prof. Giorgio Floridia, presidente dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria e docente alla Cattolica di Milano, e l'avv. Carlo Orlandi, presidente del Comitato di Controllo, si ristudino un po' di fisica e si ripassino la definizione di "massa". Capisco che siano dei fini giuristi e non dei fisici, ma se si usa "massa critica" per sostenere un giudizio bisogna almeno avere una idea di massima di cosa significhi. "Massa critica" è la quantita minima di materiale fissile che serve per scatenare una reazione nucleare. Cioè, non ne serve tanta, la massa può essere davvero poca in assoluto o anche relativamente al contesto, ma deve bastare per una reazione a catena, per scatenare qualcosa di grosso coinvolgendo tutto ciò che ha intorno. Ora, se gli amici di Elli sono una massa critica capace di generare una reazione a catena in grado di contrastare una multinazionale come Kimberly-Clark, significa davvero che siamo nell'orbita di una dittatura ideologica e che devo dar ragione a chi usa espressioni come "dittatura gender" o "dittatura genderista".

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